Una voce tra suoni muti: riflessioni sulla forza rivoluzionaria della poesia
Una voce tra suoni muti: riflessioni sulla forza rivoluzionaria della poesia
La forza rivoluzionaria della poesia mediterranea è quella cui ha dato voce Rita Felerico durante la sua performance a Una piazza per la poesia. I brani scelti raccontavano la memoria storica dei popoli e parlavano di tematiche antiche ma attuali e complesse: l’identità, la rivoluzione, l’esilio, il dialogo, la libertà.
Il percorso compiuto partiva da lontano, dal colonialismo per soffermarsi, di volta in volta, sul cambiamento che avrebbe dovuto innescare il processo di decolonizzazione fino ad approdare a quella nuova fase “incompiuta” che si è limitata a un mero processo economico: la globalizzazione.
Se la decolonizzazione ha fallito il suo scopo, la globalizzazione non ha ancora prodotto quello scambio di idee che gli attori internazionali speravano e che l’Associazione Peripli oggi pone in evidenza con il proprio motto: “Far circolare le idee”.
La globalizzazione economica a scapito di quella culturale ha determinato una spaccatura tra quelle due aree del mondo, fino ad oggi concepite come due monoliti distinti: l’“oriente” e l’“occidente”. Orgogliosi di essere occidentali l’Occidente ha smesso di pensare; orgogliosi di far nascere un nuovo soggetto di diritto internazionale: l’Europa, gli Stati nazione non hanno voluto perdere la loro identità per un fine altro, sconfessando le comuni radici cristiane; orgogliosi di appartenere alla comunità Europea nulla è stato fatto per impedire lo scoppio della guerra civile inter-etnica nella ex-Jugoslavia; orgogliosi di essere occidentali ci siamo scontrati con gran parte del mondo ritenendolo “non democratico”; orgogliosi di essere civilizzati abbiamo parlato di dialogo interculturale per poi essere di fatto restii a qualsiasi confronto.
Generazioni di uomini e donne hanno lottato e lottano per le loro idee mettendo a rischio la stessa vita. Ascoltando la voce narrante di Rita veniva da chiedersi non dove stia andando l’altra parte del Mediterraneo ma dove pensa di andare l’occidente. Il suo progresso sembra aver prodotto una generazione di uomini che cammina senza una meta privi, come sembriamo essere noi che lo abitiamo, di una identità che sia compiuta e piuttosto ancorati a vecchi schemi.
Lo scacchiere internazionale è profondamente mutato e resta da capire quale è il ruolo giocato dal cosiddetto occidente ora che il Medio Oriente è in fermento, stravolto da movimenti inimmaginabili solo qualche anno fa, e l’Estremo Oriente avanza economicamente?
Vincenza Cinzia Capristo