Note su Fuocoammare
Note su “Fuocoammare”
film-documentario di Gianfranco Rosi
proiettato presso il Liceo ‘Giovanni da Procida ‘ di Salerno nell’ambito del seminario
l’Europa sono io – anno scolastico 2016- 2017
Ha dedicato l’Orso d’oro assegnatogli alla LVI Berlinale 2016 agli abitanti di Lampedusa; avrebbe donato un nobel per la pace ai pescatori dell’isola Gianfranco Rosi, così dichiarò alla notizia di essere stato scelto con Fuocoammare a rappresentare l’Italia per l’Oscar al miglior film straniero 2017. Nato in Eritrea ad Asmara, a dodici anni si trasferisce con la famiglia prima a Roma poi a Istanbul e dopo lo studio a New York, presso l’University Film School, persegue un personalissimo percorso professionale che lo porta a partecipare a vari Festival di livello internazionale, producendo documentari premiatissimi che costituiscono importante materiale di studio e analisi storico-sociologica.
Il regista, per girare Fuocoammare, ha vissuto per più di un anno sull’isola, oggi simbolo di accoglienza dei diversi destini di chi fugge da realtà violente e devastanti, isola di un confine fra Oriente / Occidente ormai dissolto, spazio di dialogo da non dimenticare e su cui dobbiamo agire.
La sfida che l’Occidente europeo deve affrontare viene narrata da Rosi attraverso gli occhi di Samuele , un ragazzino di dodici anni che va a scuola, che ama tirare con la fionda, che ama i giochi di terra e soffre di mal di mare, sì proprio lui abitante di un’isola, Lampedusa, ormai ‘famoso’ limbo per tutti coloro che sbarcano fuggendo dal dolore e dalla sofferenza e che qui vengono accolti, curati, salvati.
Spicca infatti come protagonista oltre a Samuele, ipocondriaco e ansioso, amico di un ragazzo della sua età figlio di emigrati a cui cerca di insegnare il piacere dei giochi della sua infanzia, il medico dell’isola il dottor Pietro Bartolo, al quale vengono affidate le scene più toccanti del film, quella nella quale visita una donna incinta di due gemelli e la seconda, nel momento in cui confessa di ricordare tutti i cadaveri che è stato costretto a vedere, di essere ossessionato dalla vita e dalla morte che passano senza tregua e pietà nei suoi occhi. Quello che la cronaca, i media seppelliscono e relegano a distanza di sicurezza in una impersonale comunicazione, rimane nel cuore e nell’anima di Bartolo.
Film variegato, complesso, con una splendida fotografia e con un ritmo disteso ma serrato nell’emozione è messaggio oltre che artistico di intensa risonanza formativa ed educativa, così come nel disegno del regista, lontano dal voler creare un ‘documentario mordi e fuggi’, ma piuttosto una testimonianza reale e senza artifici di una tragedia che è di tutti noi, vissuta e inserita nella quotidianità dell’isola e dei suoi abitanti, con tutti i problemi e le difficoltà che il quotidiano trascina con sé.
– Rita Felerico